A un mese di distanza dalla nostrana Arte Fiera, ha chiuso i battenti anche la spagnoleggiante ARCO a Madrid. Alla sua trentottesima edizione, potremmo definirla come la più grande manifestazione d’arte della penisola iberica, gemellata con la capitale portoghese (ARCOlisboa 16 – 19 Maggio 2019). Per un Paese dove non ci sono famose biennali o grandi manifestazioni culturali, il richiamo mediatico nazionale e internazionale è altissimo.
Attorno all’evento fieristico si è creata una vera e propria macchina culturale che si estende su tutta la città; musei, fondazioni e qualsiasi tipo di ente collaborano alla creazione di un programma fitto di inaugurazioni, conferenze e dibattiti.
Arco è grande, immensa, se paragonata a Bologna: si estende su due padiglioni che ospitano il doppio delle gallerie e il doppio dei visitatori. Una fiera che nasce con uno spirito sperimentale e una devozione al post-contemporaneo: pochi i pezzi del primo novecento e, dove presenti, ben mimetizzati.
Per quanto positivi siano stati i bilanci di vendite e di affluenza – più di centomila visitatori – tutto rimane nella norma: è, e rimane, una fiera.
Come in ogni fiera, si possono vedere, tra le labirintiche architetture degli stand, vecchi galleristi annoiati, seduti sulle loro sedie di design, presenti più per il prestigio che per la vendita; giovani commercianti che, emozionati, cercano titubanti di avvicinarsi ai visitatori, senza sapere bene come farlo; infine, galleristi che sanno ben svolgere il loro lavoro e che hanno già tessuto gli accordi più importanti.
È un dovere segnalare positivamente la grande partecipazione delle gallerie straniere, provenienti da tutta Europa e dall’America, soprattutto da quella Latina.
Saranno le buone relazioni che la Spagna ha con le sue vecchie colonie, la facilità di parlare la stessa lingua o il fatto che il Paese ospite è stato il Perù, ma il risultato è un buon spettacolo diversificato.
In generale, le gallerie del centro e Sud America hanno portano un’arte colorata, non chiassosa, lontana dall’eccentrico pop, che delicatamente richiama le sue ancestrali tradizioni, unendole ai temi più attuali come la politica, l’uguaglianza, l’ambiente, la cultura, tutto con un indole di protesta e di lotta sociale. Sensazioni che spesso mancano al mercato europeo, piegato più sulle sue logiche e sulle sue speculazioni.
Dal caos delle cose viste, ci piacerebbe segnalarne tre: l’artista Mercedes Azpilicueta (1981, La Plata, Argentina), presentata da Nogueras Blanchard evincitrice del Premio Arco Comunidad de Madrid per giovani artisti con il suo Artemisia Gentileschi: Giuditta decapita Oloferne (2019): una serie di delicatissimi arazzi che ricalcano la famosa pittura della seicentesca autrice, un progetto che mette in primo piano la condizione femminile, la disuguaglianza di genere e la sua rivendicazione. La partecipazione della barcellonese Bombon Project, nella sezione speciale delle gallerie con meno di sette anni di esperienza, che ha presentato i disegni del giovane Aldo Urbano (1991, Barcelona) e le installazioni della coetanea Anna Dot (1991, Vic). Un avventuroso e valente binomio, dove gli ironici disegni di Urbano, intitolati A Arco en barco, si combinavano con la narrazione vocale di Anna, modificata dal movimento delle pale dei ventilatori installati negli angoli dello stand. Infine, la milanese Prometeo Gallery, di Ida Pisani, ha generato un grande caso mediatico con la contestata opera di Santiago Serra (1966, Madrid): una riproduzione in scala gigante di un fantoccio con le fattezze di Filippo IV Re di Spagna, statua che dovrà esser bruciata una volta venduta. Sfortunatamente, molta attenzione mediatica si è riversata su questo lavoro ignorando l’opera, molto più interessante, di Maria José Arjona (1974, Bogotà), che gli stava giusto davanti.
Credo sia lecito domandarci se questi macro eventi, dove un sovrastimolo visuale appanna la vista e gli interminabili corridoi sfiniscono i piedi e saturno la mente, siano ancora utili, se sviluppino le vendite. Alla fine di ogni fiera si esce con la sensazione di aver visto tutto ma di ricordare poco, se non, addirittura, niente.
Le fiere servono a creare incontri, a far parlare, a far muove le penne dei giornalisti, a dare occasioni ai curatori per progettare mostre, alle città per riempire gli hotel, e così via.
Come diceva Poli nel suo Sistema dell’Arte Contemporanea, “Le fiere dell’arte sono diventate appuntamenti fissi in cui tutto il mondo dell’arte nelle sue varie componenti si incontra: qui i mercati intessono le loro relazioni e cercano di allargare la clientela, e naturalmente, di vendere il più possibile […]”.
Oggi, il vero obiettivo non è più il commercio (o per lo meno, non è il solo); il loro scopo è riuscire a far muovere la grande e complessa macchina che gira attorno agli eventi fieristici; una giostra fatta di molteplici autori e altrettanti attori, che a volte hanno poco a che vedere con l’arte o con la cultura, ma alla quale non si può assolutamente rinunciare.
Concludendo, potremmo dire che tutto va bene e che, volente o nolente, ci vedremo l’anno prossimo!
Marco Tondello
ARCOmadrid 2019
27 febbraio – 3 marzo 2019
Feria de Madrid – Av. Del Partenón, 5 – Madrid
Caption
ARCOmadrid 2019, ph. A. Cayetano – Courtesy ARCOmadrid
ARCOmadrid 2019 – Galleria Helga de Alveard – Ph. R. Rodriguez
ARCOmadrid 2019 – Aldo Urbano – Courtesy Bonbom Project
ARCOmadrid 2019 – Stand Bombon projects – Courtesy Bombon project
ARCOmadrid 2019 – Fiera Madrid, ph. Marco Tondello