Appunti d’arte: Andrea Tinterri, curatore della collezione d’arte della Società Umanitaria, ci conduce alla scoperta dello spazio espositivo

Ente morale nato nel 1893 grazie al lascito testamentario del mecenate mantovano Prospero Moisè Loria, Società Umanitaria è una delle istituzioni storiche di Milano. Realtà assistenziale benefica attiva anche nel campo dell’istruzione e del lavoro, è da sempre attenta al mondo dell’arte. Se celebre è l’avvolgente Crocefissione quattrocentesca, attribuita a Bernardino Ferrari, realizzata nel refettorio del convento di Santa Maria della Pace, forse meno conosciuta è la collezione d’arte contemporanea che spesso anima il complesso milanese conservato dalla società.
Per questo motivo, in occasione del progetto digitale Appunti d’arte. Spazi e coabitazioni possibili, abbiamo dialogato con Andrea Tinterri, critico e curatore della collezione d’arte della Società Umanitaria.


Prima di addentrarci nel progetto Appunti d’arte vorrei chiederti che relazione esiste fra Società Umanitaria e l’arte contemporanea.

Tralasciando il legame storico che Società Umanitaria intrattiene con l’arte fin dalle sue origini, basterà ricordare l’Esposizione d’Arte Libera che Umanitaria organizzò insieme a Boccioni nel 1911 oppure l’Università delle Arti Decorative di Monza: oggi l’obiettivo è quello di rivitalizzare questo rapporto e ribadire la nostra presenza. La mia supervisione è iniziata nel 2020 in collaborazione con Luigi Brianzi, membro del collegio dei delegati. Il presidente Alberto Jannuzzelli ha posto come condizione primaria la valorizzazione della collezione d’arte, non molto ampia ma comunque custode di una storia che andava preservata.
Quasi contemporaneamente, l’Ente ha avviato un’importante operazione di restauro delle statue, dei busti, dei ferri battuti disseminati nello splendido complesso rinascimentale dove la Fondazione ha sede; memoria di quella vivace attività artistica avviata sin dai primi anni del Novecento.
Queste iniziative hanno dato l’avvio a una progettualità più estesa, sono state il presupposto per una programmazione organica caratterizzata dalla stesura di un manifesto dedicato all’arte, un modo per sottolineare alcune priorità ed esigenze programmatiche.

Appunti d’arte è un progetto di conversazioni, fruibili dal 21 gennaio sui canali social di Società Umanitaria, che ti mette in dialogo con artisti e prestigiosi operatori di settore. Come è nata questa idea e quali obietti ti poni?

Anche Società Umanitaria ha dovuto adattare le proprie attività alla situazione in corso, quindi ha avviato una serie di iniziative online tra cui Appunti d’arte. Il progetto è nato da un confronto con il presidente Alberto Jannuzzelli, condividendo l’assunto di evitare lezioni accademiche e coinvolgere personalità del mondo dell’arte che potessero testimoniare approcci diversi: artisti, curatori, critici e direttori di museo. Il punto di partenza è stato proprio il Manifesto d’Arte Libera della Società Umanitaria, al cui interno, tra le molteplici riflessioni, si legge: “Abitare l’arte vuol dire abitare il tempo che ci è dato vivere con la consapevolezza delle radici che ci portiamo dentro e del futuro che sta preparando per noi”. Si è pensato a interviste che ruotassero intorno a uno stesso macro tema, a una domanda che definisse il perimetro del dibattito: che cosa oggi può e deve abitare l’arte? Da questa indicazione è nato il sottotitolo, spazi e coabitazioni possibili, un filo rosso che percorre le dodici conversazioni, un filo rosso che può e deve essere destrutturato, ridefinito, contraddetto. L’obiettivo principale è quello di proporre un dibattito credibile, riascoltabile fra dieci, venti o cinquant’anni, come fosse un termometro della nostra contemporaneità. Questo tipo di iniziative – mi riferisco a episodi che oltrepassano l’istantaneità di un post – servono a fare il punto della situazione e diventano traccia, un’orma del presente. Tutto questo in una prospettiva a lungo termine; vorremmo che Appunti d’arte diventasse una tappa annuale della Società Umanitaria, speriamo il prima possibile in presenza, un modo per discutere di alcuni temi e costruire un dibattito polifonico, serio e distante dal chiacchiericcio modaiolo che spesso la comunicazione insegue.



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I dodici appuntamenti di Appunti d’arte hanno come focus tematico i luoghi deputati a ospitare opere d’arte: puoi anticiparci qual è la tua idea di spazio espositivo?

Domanda piuttosto difficile. Non ho un’idea di spazio espositivo, o meglio, non ho un’idea di spazio espositivo ideale perché non riesco a tracciare un perimetro all’arte. Credo che ogni progettualità richiami una propria collocazione, un luogo d’appartenenza. Lo spazio espositivo spesso ha evidenziato o evidenzia istanze ideologiche, basti pensare alla funzione storica di alcuni grandi musei o importanti cattedrali oppure, di segno opposto, alla prima mostra del 1988 dei Young British Artists realizzata in un magazzino abbandonato di Londra. Questo per ribadire che nessun luogo, fisico o virtuale, è neutro. Luoghi espositivi possono essere il salotto di casa tua, il paesaggio virtuale di un videogioco, l’interno di un armadio, il cruscotto di un’automobile abbandonata lungo la strada, le sale del Louvre, la piazza del Duomo di Milano, un’abbazia cistercense, la sala d’aspetto di un ufficio di collocamento. Non ho un’idea statica di spazio espositivo, perché ogni spazio è espositivo.

Sfogliando” il programma delle conversazioni troviamo diversi giovani artisti e i direttori artistici Luca Lo Pinto e Lorenzo Balbi, due delle figure che più stanno innovando il contenitore museale rispettivamente a Roma (MACRO) e Bologna (MAMbo). Pensi di inserirti su questa strada con il tuo operato presso Società Umanitaria?

Le situazioni sono piuttosto diverse, Il MAMbo e il MACRO sono due musei con una collezione permanete importante e una programmazione temporanea intensa e di spessore internazionale. La Società Umanitaria non è un museo ma un ente che al suo interno comprende anche l’arte, quindi le azioni e le strategie non sono paragonabili. Inoltre, il mio impegno è condiviso, alcune iniziative che caratterizzeranno la programmazione provengono da altre collaborazioni e altri stimoli. Detto questo, è indubbio che Società Umanitaria vuole riappropriarsi del ruolo di interlocutore autorevole nel sistema dell’arte contemporanea, proseguendo oggi quello che è stato un solco tracciato a inizio secolo scorso e che inevitabilmente segna la via; sono consapevole che l’obiettivo è ambizioso e ha bisogno di una lunga pianificazione. Penso, supportato da una visione condivisa, a un ruolo non solo espositivo ma a una sorta di laboratorio, una piattaforma in cui si possano incontrare artisti, critici, ma anche pensatori provenienti da altre discipline. Un luogo traumatico, ossia capace di creare una frattura, un cambiamento, di generare un’azione che non deve necessariamente risolversi al suo interno ma può e deve abitare altri spazi. Un luogo di pensiero. Questo comporta una programmazione rivolta al dibattito, come stiamo facendo con Appunti d’arte, con la speranza di trovare nuove pratiche di relazione. In questo senso anche l’editoria, ci stiamo già lavorando, può essere uno strumento utile. Concludendo credo, e mi auguro, di non essere anacronistico o apparire elitario, che la definizione di intellettuale organico possa sintetizzare la nostra direzione e le nostre prospettive.

So che sei un esperto di fotografia, coinvolgerai Società Umanitaria in questa tua passione?

Si, confrontandomi con il Presidente è emersa la necessità di raccontare anche questo volto della Società Umanitaria, di raccontare il suo patrimonio, la sede stessa, la collezione d’arte, gli spazi di partecipazione, di raccontare un luogo che non si esaurisse nel ricordo ma che fosse presente, tangibile all’interno del sistema culturale di Milano. È per questa ragione che ho proposto, ed è subito stata accolta, l’idea di una campagna fotografica. Un progetto che restituisse la complessità di un sistema: valoriale, architettonico e artistico. Le campagne fotografiche, nella storia, hanno spesso accompagnato fasi di cambiamento o nuova costruzione; è l’azione del guardare che condiziona un processo, che lo asseconda e ne rivela l’esistenza. Il volume verrà pubblicato entro dicembre 2021 e vedrà coinvolti tre fotografi italiani che stanno già lavorando al progetto: Mattia Balsamini, Allegra Martin e Gianni Pezzani; inoltre, Fabiana Toppia Nervi documenterà il lavoro in corso. Come curatore del progetto sto dialogando con i fotografi, abbiamo fatto sopralluoghi, individuato possibili soluzioni, ma vorrei essere una presenza silenziosa, un assistente vorace ma rispettoso degli spazi altrui. Inoltre, sono contento della scelta dell’editore Silvana Editoria, perché Amilcare Pizzi, il suo fondatore, aveva studiato editoria presso la Società Umanitaria di Milano, quindi una sorta di riconoscimento anche affettivo.

A cura di Marco Roberto Marelli


www.umanitaria.it

Instagram: andreatinterri

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Caption

Società Umanitaria, Milano – Courtesy Società Umanitaria, ph Gianni Pezzani

Società Umanitaria, Milano – Courtesy Società Umanitaria, ph Gianni Pezzani

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Andrea Tinterri, ph Gianni Pezzani