Antonis Donef e l’incertezza dell’esatto

26 maggio 2016: inaugurazione della galleria d’arte Privateview a Torino. A salutare questo evento, e dare il via al lavoro dei galleristi Mauro Piredda e Silvia Borella, è stata la mostra personale dedicata all’artista ateniese Antonis Donef (1978), a cura di Flaminio Gualdoni.

Le opere esposte sono grandi collages cartacei sui quali l’artista ha impresso, con un pennarello, infiniti mondi e possibilità altrettanto varie di perdersi. Certo, quest’affermazione può risultare banale, ma osservando le linee nere sui ritagli che formano i quadri di Donef si avrà subito questa impressione. A partire dal piano di lavoro, fatto di tre elementi trasversali: la pagina di un libro, la scrittura stampata, i disegni dell’artista. Il tutto si sovrappone e si integra, sia nelle voci di un’enciclopedia che nel vortice colorato creato dall’unione geometrica e maniacale delle mappe. In quest’ultime i confini geografici spariscono e si confondono, rendendo a malapena distinguibili i nomi, lasciando emergere l’amara visione della nostra società liquida fatta di non-luoghi, e il nostro essere qui e ovunque, ora e sempre, che se da un lato ci fanno muovere nel tempo e nello spazio, dall’altro ci porta ad essere sempre meno certi del nostro posto.

Antonis Donef
Courtesy Privateview

La cartografia e l’enciclopedia sono i due media perfetti per la trasmissione di un sapere certo, preciso, canonizzato, ma rivelano anche tutta la loro debolezza nei confronti del tempo. Il tempo, infatti, muta sia i confini che i significati, i quali assumono sfumature nuove giorno dopo giorno. Alighiero Boetti ci aveva già messi in guardia su questo, col suo tentativo di documentare l’entità dei fiumi terrestri. Come conseguenza, le identità collettive si confondono, si resta incerti nei riguardi dei canoni che i nazionalismi e le filosofie dei secoli passati avevano dato ai nostri progenitori. Le sovrapposizioni geometriche e rigorose delle carte geografiche potrebbero benissimo essere labirinti di piccoli uomini che cercano un proprio percorso, per poi confrontarsi con la fine di un vicolo cieco. Così come le pagine dei libri ingialliscono e si rovinano, le parole su di esse invecchiano tanto nella materia quanto nel significato.

Antonis Donef
Courtesy Privateview

Ma da queste pagine frammentate se ne formano nuove, si realizzano utopie di senso diverse e affascinanti, create dai disegni dell’artista. Il progetto di reperire un libro, distruggerlo e ricostruirlo vuol dire attivare un processo di decostruzione del sapere, ma l’inchiostro nuovo (quello di Donef) sull’inchiostro stampato implica comunque una nuova lettura. Un invito travestito con la stessa contraddizione del comportarsi male con la persona che ci piace per capire se riusciamo a provocare una sua reazione. Non si tratta di una forma di iconoclastia, ma di un vivace botta e risposta, a volte estremamente ironico, che dà al lettore/osservatore il pensiero stesso di Donef. Le figurine delle enciclopedie sono solo le punte degli iceberg immaginari dell’artista, che li reinterpreta mettendo in crisi il loro significato. Il risultato sta a metà tra il presentimento apocalittico offerto dalle macchine, dal fumo, dai soldati, e l’eleganza grafica che ne suggerisce tutta la carica visionaria. In ultima analisi, siamo di fronte allo sposalizio di istinto e raziocinio, di storia e di durata effimera, a metà tra il viaggio pianificato e la “zingarata” senza bussola.

Claudia Contu

ANTONIS DONEF

ANTONIS DONEF

26 maggio – 30 luglio 2016

Privateview Gallery – Via Goito 16, Torino

www.privateviewgallery.com