Il respiro affannoso simile a un’ultima esalazione a cui allude il termine Gasp, titolo dell’ultima mostra di Anna Perach, è metafora della condizione di affaticamento in cui versano molte donne in una civiltà notoriamente maschilista. Tematica principale dell’esposizione, visitabile da ADA Project a Roma fino al 25 settembre 2021, è infatti la brutale compartimentazione del corpo femminile nella storia della società occidentale, una ripartizione corporea repressiva verso la natura e la libertà della donna; è per questo che le tre installazioni in mostra presentano personaggi a cui è stato reciso il busto o il capo.
L’interesse dell’artista per la ritualità artigianale, il folklore e la figura femminile è evidente fin dai materiali e dalla tecnica del tufting che utilizza: oltre alla performance tutta la sua produzione è costituita da sculture indossabili realizzate in ricamo di lana su telaio in orizzontale, stessa modalità con cui si producono tappeti in gran parte dell’Europa orientale. In Ucraina – paese di nascita della Perach – quest’attività è stata a lungo tra le principali fonti di sussistenza economica. Una tecnica che si lega alla tradizione dei luoghi d’origine dell’artista e che allude alla donna in quanto pratica prettamente femminile. Dopo aver realizzato i tessuti a mano Perach li rende tridimensionali, li trapunta e infine li assembla in sculture indossabili.
A livello cronologico la prima installazione in mostra è Seven Wings, prodotta nel 2020, precedentemente a Gasp, e già utilizzata per una performance a Londra. Si tratta di sette teste in tessuto di lana appese a una corda di canapa tramite dei ganci: il riferimento è a un’illustrazione realizzata per il racconto di Barbablù di Charles Perrault in cui le sette mogli di Barbablù vengono uccise e i loro volti impiccati in fila su un cordone. Le teste mozzate esposte rappresentano anche i sette archetipi femminili proposti dallo psicoanalista Carl Jung, ma soprattutto alludono più apertamente al comportamento irrazionale e violento che il corpo della donna ha subito nel corso della storia. Riferendosi alla lettura freudiana dell’isteria come stato emotivo esclusivamente femminile, l’artista contesta l’idea secondo cui una separazione dalle loro membra allontanerebbe le donne stesse dalla loro natura selvaggia e isterica, ‘curandole’ dai loro sentimenti; è da qui che deriva l’esposizione di figure monche di porzioni del corpo. Di fronte a una tale visione delle emozioni femminili, al pari di una malattia o di un difetto fisico, Anna Perach rivendica il diritto delle donne alla libertà d’espressione contro una storia di repressione emotiva e sessuale.
A completare la mostra ci sono Daphne e Transformer, due sculture in tessuto stavolta prive della testa ma dotate del busto che invece è assente nelle sette sagome di Seven Wings. Diversamente da quest’ultima, le due opere in questione sono state prodotte nel 2021 appositamente per Gasp e in questo caso, seppur eseguite con la stessa tecnica, non sono state rese indossabili data l’impossibilità di allestire una performance a causa della pandemia. Ispirate alla lettura fornita da Griselda Pollock sull’Apollo e Dafne di Gian Lorenzo Bernini, le due sculture rappresentano chiaramente le due fasi della metamorfosi in albero di Dafne durante il suo tentativo di fuga dall’attenzione indesiderata di Apollo. La ripresa dell’opera del Bernini si avverte dal fatto che Dapnhe ha una scala più scultorea che umana e una cromia più chiara delle altre installazioni, quasi a imitazione di quella marmorea. Tuttavia, rispetto all’interpretazione della Pollock che si sofferma sulla silenziosa agonia della ninfa, Anna Perach apporta delle modifiche, senza però eliminare l’idea drammatica di questo mito: pur ricreando la posa della Dafne berniniana, l’artista gli rimuove le braccia e la testa, quindi l’espressione, ottenendo una figura dinamica quanto amputata.
Differenza ancor più evidente rispetto all’originale è l’eliminazione di Apollo. L’altra scultura in mostra relativa a questo mito, Transformer, non fa altro che accentuare ulteriormente questa mancanza: non incarna il dio innamorato bensì la seconda fase della trasformazione di Dafne che stavolta è ridotta solo a un busto trafitto dai rami che gli crescono dall’interno. Oltre alla tecnica del tufting è proprio l’assenza di Apollo a indicare la celebrazione del genere femminile e il conseguente intento critico: la donna non confrontata all’uomo (come invece accade spesso) è il segno della sua auspicata indipendenza dal proprio complementare opposto.
Nell’evidenziare questioni di identità e di genere attraverso miti storico-culturali e narrazioni soggettive, il materiale e la tecnica restano fondamentali per gli intenti di Anna Perach. La brutale oppressione corporea sembra infatti essere accentuata dal ricamo in lana trapuntato che cela questi ibridi scultorei al pari di uno strato aggiuntivo di pelle. Tuttavia, proprio perché si tratta di tessuti associati a una peculiare attività femminile, questi diventano estensioni simboliche dell’animo delle donne che consentono all’artista di far emergere frammenti della loro interiorità da quella forzata copertura. Se amputando parti dei busti la Perach allude alla ripartizione corporea della donna, questo tappeto in lana contribuisce paradossalmente non a coprire, ma a svelare un’apertura verso la libertà femminile tramite il riferimento a una precisa tradizione artigianale.
Mario Gatti
Anna Perach
Gasp
29 maggio – 25 settembre 2021
ADA Project – Via dei Genovesi 35 – Roma
Instagram: project_ada
Caption
Anna Perach, Gasp, 2021 – Installation view at ADA – Courtesy ADA Rome, ph. Roberto Apa
Anna Perach, Gasp, 2021 – Installation view at ADA – Courtesy ADA Rome, ph. Roberto Apa
Anna Perach, Gasp, 2021 – Installation view at ADA – Courtesy ADA Rome, ph. Roberto Apa
Anna Perach, Transformer, 2021 – Tufted yarn, wooden frame, metal wire, 90 x 65 x 75 cm – Courtesy ADA Rome, ph. Roberto Apa