La grande bellezza delle sfumature: Metaspore di Anicka Yi

Il concetto principale dell’esposizione di Metaspore di Anicka Yi – fruibile presso Pirelli HangarBicocca a Milano fino al 24 luglio 2022 – è il decentramento dell’essere umano “decentering the human”, ovvero l’individuo non è al centro dell’universo, anzi dipende da una moltitudine di microrganismi. Non c’è una temporalità lineare nelle opere dell’artista, ma una narrazione fatta di flashback e libere associazioni che ricordano più la fisica quantistica che la teoria della relatività o il principio di non contraddizione della scienza tradizionale.
Tutte queste installazioni sono anche una critica alla monumentalità dell’arte, la quale è evidente fin dall’ingresso in cui la Yi mette in vetrina i batteri, ribadendo ancora una volta la distorsione operata nella società nei confronti di ciò che è veramente importante.
La mostra è il frutto di un lavoro svolto nell’arco di un intero decennio, è un viaggio all’interno di un dibattito filosofico e antropologico, rappresenta la prima esposizione di ricerca di Anicka Yi sull’ecosistema, l’interdipendenza e la coesistenza, raccontata attraverso un approccio scientifico e svolta con l’aiuto di veri e propri scienziati. L’artista cerca di esplorare il concetto di metabolismo associandolo a un metabolismo societario. Possiamo definire la mostra come un’esperienza ancestrale che attiva i nostri sensi.

La domanda ricorrente a cui cerca di rispondere Anicka è “come ci si può definire degli individui sapendo di essere formati da una moltitudine di cellule ed entità?”.
Forse è più giusto definire l’uomo come un vascello di interdipendenza.

Nel nostro pianeta vi è una totalità di ecosistemi nei quali l’uomo non ha alcun ruolo.
Anicka Yi cerca di coadiuvare elementi organici e intelligenza artificiale.
Il concetto che l’uomo non è autonomo ma dipende da altre specie per sopravvivere si riflette anche nella sua pratica. Non esiste più l’artista romantico che lavora in maniera del tutto indipendente, vi è infatti una collaborazione continua tra ingegneri, biologi e chimici.
Il suo studio è come un ecosistema nidificato, ovvero composto da una serie di sottosistemi che dipendono l’uno dall’altro esattamente come il corpo umano, nel quale esistono più microrganismi che cellule e appare dunque paradossale parlare di individuo.
L’aria è il primo ecosistema che noi tutti condividiamo, la Yi lavora con gli odori e questa pratica per lei consiste in una sorta di scultura dell’aria stessa.

L’esposizione si apre con Immigrant Caucus, lavoro del 2017 nel quale viene spruzzato un odore femminile misto a quello delle formiche carpentiere, con l’obiettivo ultimo di distruggere i pregiudizi sociali e sottolineare il fatto che le donne rappresentano una grande porzione della forza lavoro sudamericana anche se non sono considerate. Il cancello presente nell’opera rappresenta il confine di ingresso negli Stati Uniti. Le tende, sono tende da quarantena, ispirate dalla presenza, nel 2015, di alcuni casi di Ebola a New York. Queste superfici hanno comportato un cambiamento radicale nell’approccio tra le persone: l’artista sottolinea come non condividendo la stessa aria, esse rimangano di fatto separate.
La paura che comporta la possibilità di contagio aumenta i pregiudizi sociali: nei casi di Ebola statunitensi, le persone erano impaurite nei confronti degli afroamericani.
Un’altra pratica dell’artista consiste nel combinare materiali che comunemente non sono relazionati, come pezzi di gomma inseriti in sculture di glicerina.
L’ecosistema è fatto anche di elementi tecnologici, è inutile pensare a delle rigide separazioni tra naturale e artificiale, mondi ibridi che Yi cerca di ricombinare.



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L’opera Shamplex consiste in delle vasche trasparenti riempite di gel da ecografia ricoperto di aghi che lentamente si ossidano; a fine della mostra produrranno una particolare peluria arancione. L’installazione ha una duplice interpretazione, potrebbe essere una bara o anche un’incubatrice e rappresenta prima di tutto l’incontro tra biologia e tecnologia: l’arancione è considerato dall’artista come il colore della prima, mentre il verde simboleggia la tecnologia.

When spieces meet si propone di sradicare la distinzione tra naturale, artificiale, sintetico e biologico e lo fa introducendo un fungo in una gabbia ricoperta di pelliccia. Quest’opera riprende l’estensione reticolare del micelio che contamina l’ambiente con le sue spore, avvolto da una rete che metaforicamente può rappresentare la rete del web e diventa un simbolo di interconnessione. La gabbia in pelliccia manifesta il contrasto tra la dimensione animale e quella vegetale, l’opera rimanda alla Colazione in pelliccia di Oppenheim. L’ampolla con l’acqua riporta anche in questo caso il legame con gli elementi da laboratorio e l’intersezione tra arte e scienza.

L’opera Skype Sweater vuole rappresentare un paracadute a simboleggiare le zone di passaggio dei confini che usualmente sono militarizzate, di conseguenza questa è una riflessione sulla migrazione. Ai piedi di questo paracadute c’è una borsa all’ultima moda, ripiena di trippa di mucca, che è un alimento tipico delle popolazioni asiatiche. Il paracadute stimolato dall’aria sembra voler inglobare la borsa, esattamente come i migranti, i quali vengono inglobati, divorati dalle società che li ospitano e che mirano ad eliminare le differenze culturali.
Secondo l’artista, ci fidiamo troppo della vista e troppo poco degli altri sensi. Forse è per questo che, nelle sue opere, sono spesso presenti elementi commestibili come l’impasto del pane, la trippa o la pastella leggera tipica della tempura. La tempura è però usata per friggere delle pochette cromate, la trippa intrisa nel gel per capelli. È tutto uno scambio di fluidi organici che ci ricordano quanto, nel nostro corpo, confluiscono e defluiscono costantemente una marea di sostanze.

A fianco di Skype Sweater una parete nera ospita due oblò da lavatrice. L’opera in questione è New York’s A Bitch, But God Forbid The Bitch Divorce You (2014). Aprendo gli sportelli due fragranze investono il visitatore. L’aspetto visivo ridotto al minimo sottolinea per converso come il sistema olfattivo sia in grado di attivare emozioni e memoria a lungo termine. L’opera è ispirata al brano Affirmative action, dove il rapper Nas evoca le emozioni contrastanti che accompagnano la fine di una relazione amorosa.

Biologizing the machine (spillover zoonotica) è composta da grandi teche di vetro, commissionata e realizzata appositamente per il HangarBicocca: una nuova versione ampliata di quella presentata alla Biennale di Venezia nel 2019, sviluppata per l’occasione con il Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università Bicocca di Milano. Se a Venezia il terriccio era stato prelevato in loco, questo proviene dalle provincie di Bergamo e Milano. Nel loro insieme, queste opere vogliono essere un approdo finale oltre la mera rappresentazione dell’organismo microscopico, ovvero il tentativo di manifestare un’entità invisibile ed effimera. Qui è mostrato un ritratto sia del luogo, attraverso i campioni di terriccio e la colonia di batteri al suo interno, che mutando nel tempo producono una colorazione sempre diversa che da vita a un “dipinto astratto”, sia una rappresentazione organica della città stessa. Il concetto riprende la colonia di Winogradskij, scienziato che ha studiato il modo con cui coltivare i batteri: sopra i quadri viventi è presente un dispositivo che calcola i livelli di ossigeno e lo stato di vita dei microrganismi.
C’è la volontà di mettersi al servizio di questi esseri microscopici, di tutelarli e farli crescere e questo avviene anche tramite la tecnologia, con una sorta di vera e propria simbiosi tra cornice e “hardware”da laboratorio. A un primo sguardo sono opere avvicinabili sia al paesaggismo sia all’Espressionismo astratto: l’effetto ottico è straordinariamente affascinante. Ma qui l’artista si avvale di intelligenze extra umane capaci di produrre variazioni continue lungo tutto l’arco temporale dell’esposizione.

Anicka Yi ci trasporta all’interno di un percorso sinestetico nel quale, attraverso una combinazione di tecnologia e biologia, arte e scienza, l’artista riflette su come le macchine e l’intelligenza artificiale siano in grado di evolversi ed entrare in comunicazione con piante, animali e microrganismi.

Maria Dalle Vedove


Anicka Yi

Metaspore

A cura di Fiammetta Griccioli e Vicente Todolí

24 febbraio – 24 luglio 2022

Pirelli HangarBicocca – Via Chiese, 2 – Milano

www.pirellihangarbicocca.org

Instagram: pirelli_hangarbicocca


Caption

Anicka Yi, Immigrant Caucus 2017 – Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 – Courtesy l’artista, 47 Canal, New York, Gladstone Gallery e Pirelli HangarBicocca, Milano, ph Agostino Osio

Anicka Yi, Le Pain Symbiotique 2014 – Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 The Museum of Contemporary Art, Los Angeles Gift of Chara Schreyer – Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano, ph Agostino Osio

Anicka Yi, Biologizing the Machine (spillover zoonotica) 2022 – Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Commissionata e prodotta da Pirelli HangarBicocca, Milano – Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano, ph Agostino Osio

Anicka Yi, “Metaspore”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 – Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano, ph Agostino Osio

Anicka Yi, “Metaspore”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 – Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano, ph Agostino Osio