Perchè siamo qui? È un’immagine fisica e materica, una scritta su segatura colorata di Vittorio Corsini che si trasforma in modo accidentale al primo passaggio del pubblico, per poi integrarsi completamente nel percorso fino alla sua dissolvenza.
La mostra si apre con un’interrogazione sul ruolo dello spettatore che diventa agente della storia, suggerendo riflessioni intorno al dibattito artistico tra pratica, opera e pubblico, con tutte le interconnessioni e gli aspetti relazionali che ne derivano, per tentare nuove traiettorie materiali e ideali.
Andarxporte è un’esposizione collettiva presentata a Palazzo Archinto, con circa sessantacinque artisti, diversi per generi e generazioni, realizzata da ArtCityLab, associazione culturale di Rossana Ciocca e Gianni Romano, in collaborazione con l’Asp Golgi-Redaelli.
Le pareti silenziose di un edificio di tremila metri quadri, sede dell’archivio storico Golgi, tra gessi e stucchi, pavimenti a mosaico e impianti marmorei, si animano e prendono vita attraverso una scommessa, impegnativa ma riuscita, nonostante il poco tempo per l’organizzazione, le risorse minime e l’assenza di un patrocinio.

Andaxporte è un dialogo generazionale e multidisciplinare (fotografia e pittura, video e installazioni, performance e scultura) realizzato grazie alle opere concesse dagli artisti e prestate da varie gallerie, dislocate tra il cortile e il primo piano dell’edificio. Lavori già realizzati o che si sono trasformati, strada facendo, nell’incontro con gli ambienti, occupandoli con la loro presenza fisica e dirompente, discreta e silenziosa.
Silenziosi come il vocabolario visivo innescato dagli specchi in You are my secret di Massimo Uberti e Parole pieno di sé o pieno di se di Arianna Vanini che diventano luoghi da esplorare, limiti spaziali che attivano un ragionamento con una duplice funzione, quella concreta della rappresentazione e quella più rivelatrice del pensiero. Dirompenti come certi lavori che si impongono con la loro inevitabile presenza materiale, come Carosello di Carlo Dell’Acqua, un elemento girevole che accoglie lo spettatore all’ingresso di una stanza o The season di Franko B., installazione in cui l’artista, abituato all’arte perfomativa, tratta gli oggetti come un corpo lacerato rivestendoli di bende e fasciature.
Ma il sollievo alle ferite arriva con Amore è amore, poetico e profondo, di Roshanaei Maryam, che indaga il sentimento come nucleo di ogni segreto, un’installazione costituita da una pittura su acrilico e corde che ne tessono la storia. Storia che ci racconta anche Eva Marisaldi con Settembre, opera realizzata appositamente per la mostra. Due serie di nove bandierine in tessuto, su cui l’artista è intervenuta disegnando immagini e scrivendo testi, innescano il rapporto di ibridazione tra linguaggi e discipline, tipico del suo approccio.
L’illuminazione (reale) ci perviene anche dall’incontro con gli interventi al neon Natural di Ylbert Durishti e Untitled (Fotti) di Maurizio Cattelan, installati nei bagni, o grazie al video di Margherita Morgantini che dialoga con l’inganno delle superfici specchianti dei fiori di Kensuke Koike che riflettono la luce naturale nel cortile.
Lo spazio diventa anche luogo dell’accumulazione, apparentemente caotica, per Fausto Gilberti con Lost control, una stanza riempita di carta disegnata e accartocciata su cui, l’artista, esercita un controllo minuzioso e per Sophie Usunier con Coriandoli dai quotidiani Corriere della sera, accumulazione alla quale fa da contrasto l’isolamento delle fotografie di Agne Raceviciute negli ascensori.
Nascondimento e annullamento sono cifra stilistica nella pittura sofisticata in The Lunatic girls di Roberta Savelli e nell’olio su tela Redhair di Gianluca di Pasquale con quelle identità celate. Identità che sono rimosse nella scomposizione del Quadro di famiglia interrotto da uno spazio vuoto di Gabriele di Matteo o ancora, occultate nel trittico fotografico Untitled di Maria Magdalena Campos-Pons per raggiungere le astrazioni, questa volta paesaggistiche, degli acrilici su carta di Centro Abitato di Marco Neri.
Il surrealismo fotografico in Landing (Alice) di Matteo Basile, la Carta da parato di Tomaso Binga,
l’operazione logisticamente più difficile di Francesco Bertelé, l’incognita della perfomance di I shot my voice over di Gianluca Codeghini, i lavori di Paola Mattioli, di Zhang Huan o di Ettore Favini, tutto diventa indizio, scambio, possibilità.

AndarxPorte è un “quadro”, che materialmente annulla ogni confine. Si sviluppa tra pieni e vuoti, ricordi e frammenti, presenza e assenza, originando un’immagine autentica in cui muoversi senza mappe o direzioni veicolate che possano influenzare lo spettatore. Il filo del racconto si dispiega, tracciando trame e segni, capaci di dare forma a nuovi rapporti estetici, attivando circuiti comunicativi e pratiche relazionali tra artisti e pubblico, come una delle possibili risposte alla domanda: “Perché siamo qui?”.
Elena Solito
ANDARXPORTE
A cura di ArtCityLab di Rossana Ciocca e Gianni Romano in collaborazione con ASP “Golgi-Redaelli”
18 ottobre – 01 dicembre 2017
PALAZZO ARCHINTO – via Olmetto, 6 – Milano
Immagine di copertina: Gabriele di Matteo – Quadro di famiglia, 2010 – installation view at Andarxporte, Palazzo Archinto, Milano – courtesy Artcitylab, ph. Artcitylab