All Those Stuffed Shirts, Anna Franceschini da Triennale a Casa degli Artisti

Nei mesi di maggio e giugno 2023, all’interno di Palazzo dell’Arte di Triennale Milano, ha avuto luogo la mostra personale All Those Stuffed Shirts di Anna Franceschini (Pavia, 1979), a cura di Damiano Gullì.

Anna Franceschini indaga accuratamente la natura ontologica e sociale degli oggetti, degli artefatti e dei beni di consumo, valutandone la conformazione estetica, l’orizzonte d’uso e le modalità di esposizione all’interno dello spazio: la pratica dell’artista rappresenta un tentativo di ri-valutazione critica e analisi dell’estetica del capitale. In un profondo e osmotico dialogo con il cinema, vista come pratica artistica caratterizzata da movimento e ripetizione, Anna Franceschini realizza sculture cinetiche, macchine performative che raccontano il fare cinema ricorrendo a mezzi espressivi alternativi e la dimensione accidentale e meccanica del movimento.

Fino al 31 luglio, l’artista è in residenza presso Casa degli Artisti a Milano, con l’obiettivo di accompagnare e restituire dialogicamente la mostra All Those Stuffed Shirts in Triennale, con un periodo di ricerca post-mostra animato da incontri individuali, studio visit, approfondimenti e open studio.

Giunti al primo piano di Palazzo dell’Arte in Triennale, un soffio intermittente interrompe il clima aulico e magniloquente dell’edificio progettato da Giovanni Muzio nei primi anni Trenta: un suono meccanico ci catapulta immediatamente nella sala macchine di un fittizio stabilimento industriale. Incorniciato dalle colonne in pietra d’Istria di sapore razionalista, si apre dinanzi allo spettatore un surreale palcoscenico, un tableaux vivant animato dalla presenza di sette corpi meccanici en effacé che accolgono con gentili inchini lo spettatore all’interno dello spazio palpabile e stereometrico della loro fragile utopia.

Una danza scostante e soppesata in gestualità e movimenti, una coreografia dal sapore euclideo nella quale si alternano gli spigolosi e geometrici corpi delle machinae animatae, progettate per la stiratura automatica e denominate dressmen: un teatro totale e astratto alla Oskar Schlemmer. Un’atmosfera assurda, dal retrogusto beckettiano e nella quale ogni elemento di carattere formale, dal ritmo al colore, al suono, alla forma e alla luce, diviene corporeo, tattile e fisicamente tangibile all’interno dell’impalcatura coreutica messa in scena da Anna Franceschini.

Attraverso questa screenless animation lo spettatore contempla distaccato una mise en scéne che sembrerebbe immolata alla meccanicità e alla ripetizione. Immergendosi invece a piene mani all’interno di All Those Stuffed Shirts si ha la possibilità di evincerne tutte le insite sfumature entropiche, atte a destrutturare l’apparente perfezione ritmica della macchina e del suo movimento: le macchine sono pienamente umanizzate nei movimenti sporchi e imprecisi, sfaldando la loro natura e alone oggettuale, e proiettandosi, forse per inconscio processo di riflessione, verso un nuovo potenziale antropologico. La macchina diviene dunque corpo, animandosi di insite e celate debolezze, incorporando atavici desideri.

Anna Franceschini: << La dimensione dello scherzo e dell’illusione mi appartengono: mondi che appaiono in un modo ma in realtà sono tutt’altro. I miei lavori vivono un rapporto di traslazione tra arte, cinema e letteratura e raccontano l’incontro, spesso paradossale, con la macchina, l’inanimato e l’organico>>.

Superato dunque il bias che in quanto uomini, inseriti in un sistema storico-culturale antropocentrico, ci impedisce di empatizzare direttamente con gli oggetti se non in quanto beni di consumo e quindi espressione somma di un desiderio indotto, condizionato ed eteronomo, All Those Stuffed Shirts sprona lo spettatore a interagire e compatire l’inanimato. Attraverso l’antropizzazione degli oggetti, le opere di Anna Franceschini offrono la possibilità di potersi meravigliare, di provare empatia ma anche consapevole disagio con il mondo che ci circonda.

All Those Stuffed Shirts racconta l’irrisolvibile ambiguità del mondo dell’immagine contemporaneo, del quale ci alimentiamo attraverso la perturbabilità tattile del reale e dei suoi slogan pubblicitari. L’artista stessa sembra obbligarci a una visione preferibilmente frontale dell’opera installativa, ma lo spazio stesso con il quale si relazionano le machinae animatae suggerisce la possibilità di interagire direttamente con esse. In un libero gioco tra le parti, chi guarda incorpora il ruolo di spettatore-attore, da un lato interagendo fisicamente con le macchine e il loro spazio d’azione, dall’altro immergendosi in una distaccata e sublimata visione onirica, con la quale si astrae dall’opera e dalla sua mise en scéne.Le opere di Anna Franceschini rivelano un’estetica minimale e sofisticata soprattutto per la progettazione dell’immaginario e del relativo display delle sue opere: ripetizione e movimento, come vere e proprie cifre stilistiche e leitmotive dell’artista, non permettono allo spettatore di rimanere totalmente indifferente a quanto proposto, sollecitandone invece riflessioni e interrogativi. Nel loro impianto scenico, le opere di Franceschini indagano “la messinscena delle merci, le modalità attraverso le quali i beni di consumo sono esposti e quindi desiderati o spesso addirittura nascosti, incrementando così tensione e desiderio nei loro confronti”. Ponendo in dialogo realtà discordanti ed esteticamente incompatibili tra loro, Anna Franceschini mette a confronto la dimensione documentaria, nella quale la stessa artista si è formata e che ha spesso caratterizzato alcune sue precedenti opere (es. What time is love?, 2017), e la fiction con il suo bagaglio melodrammatico e kitsch.



01. Anna Franceschini, “All Those Stuffed Shirts”, installazione presso Triennale Milano, 2023 - Ph. Andrea Rossetti
02. Anna Franceschini, “All Those Stuffed Shirts”, installazione presso Triennale Milano, 2023 - Ph. Andrea Rossetti
03. Anna Franceschini, “All Those Stuffed Shirts”, installazione presso Triennale Milano, 2023 - Ph. Andrea Rossetti
04. Anna Franceschini, “All Those Stuffed Shirts”, installazione presso Triennale Milano, 2023 - Ph. Andrea Rossetti
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A.F: “La fiction è da intendersi necessariamente in relazione con la messinscena: parto dal presupposto che la componente finzionale sia parte imprescindibile del reale. Anche nel regno animale e vegetale ci sono messinscena, rituali e fiction. Da qui, la distinzione tra i due piani è del tutto arbitraria e surrettizia”.

La ricerca e le opere di Anna Franceschini si pongono in evidente continuità estetica con le avanguardie storiche di primo Novecento, dai manifesti del Futurismo marinettiano sino ai balletti meccanici del movimento dadaista, alla narrazione avveniristica e meravigliata della cosiddetta “epoca della macchina”. Nelle opere dell’artista se da un lato sussiste un’apparente volontà di celebrazione della macchina in quanto emblema rivoluzionario e utopico del vivere moderno, della sua cinematicità attraverso il suo insito dinamismo, nonché dell’immaginario dell’uomo-macchina e il suo rispettivo doppio incarnato storicamente nel manichino; dall’altro Anna Franceschini esprime un significativo disincanto sociale e culturale nei confronti dell’attuale modernità, lasciando trasparire una sensibilità e una narrazione figli del nuovo millennio.

A.F: “Qualcosa di novecentesco si perpetua e persiste nella nostra contemporaneità: la modernità non è stata cancellata dal post-modernismo. Mi confronto con tutte le “età della macchina”: le macchine sceniche greche e latine e il concetto di téchne, le invenzioni rinascimentali, i marchingegni barocchi, l’automa del 700 e persino la ruota. Il modo di esistenza dell’oggetto tecnico, per citare il titolo di un’opera secondo me davvero importante del filosofo francese Gilbert Simondon, è cruciale per comprendere il modo di esistenza dell’umanità.”

Le macchine di Anna Franceschini non vivono nel fragile incanto e nell’avveniristica meraviglia della Belle Époque, ma incorporano un forte sconforto e un senso di precarietà, frutti indiscussi del post-modernismo e delle attuali crisi del nostro tempo. Una narrazione priva dello slancio positivista, che dà voce e corpo al disincanto sociale e culturale nutrito nei confronti dell’ultra-capitalismo contemporaneo, svelandone e demistificandone gli insiti meccanismi che lo nutrono: le macchine realizzate da Franceschini per All Those Stuffed Shirts sono stanche; il loro movimento apparentemente inerziale nonché destrutturato, sporco e irregolare diviene in questo senso rappresentazione in-between di una volontà di cambiamento e di un atto di resistenza. Vincendo platonicamente l’inerzia meccanica che le anima, le macchine danno origine a un processo di decostruzione ontologica del presente. La danza scostante di questo coro di macchine racconta e propone un vero e proprio risveglio coscienziale dell’oggetto a soggetto, del difficile rapporto simbiotico tra l’oggetto meccanico e il suo creatore, tra l’umano e l’artificiale.

Mediante un’immaginario post-human, le opere di Anna Franceschini pongono al centro della propria ricerca il mondo meccanico, la dimensione ontologica e antropologica dell’oggetto di consumo, la rappresentazione del femminile e le politiche del corpo.

A.F: “Tra mondo meccanico, oggetto di consumo e la donna esiste, in un certo senso, un rapporto di minoranza o di minorità: si tratta di gruppi minoritari rispetto a un gruppo dominante, ovvero l’uomo bianco vivente. Macchine, cose e donne, come anche altri gruppi ovviamente, sono da considerarsi ancora minoranze all’intento del contemporaneo.”

Le machinae animatae nelle opere di Anna Franceschini sembrano incarnare un alter-ego della donna contemporanea, attraverso le quali l’artista destruttura il glorioso mito della machine célibataire: l’impiego di specifici oggetti attribuiti all’immaginario femminile e il movimento sembrano tessere una contro-narrazione atta a disarticolare la secolare oggettivazione della donna e il suo fittizio ruolo di Mariée. L’umanizzazione della macchina, il suo passaggio coscienziale da oggetto a soggetto e la riflessione proposta in merito al desiderio sembrano alludere in termini metaforici a un’opposizione netta della rappresentazione sessualizzata della donna contemporanea e la sua conseguente oggettivizzazione mediatica e culturale.

A.F: “All Those Stuffed Shirts è la “disinquadratura” di un trittico di film che ho realizzato nel 2012. È il film che esce dallo schermo e l’incarnazione della paura primigenia che fa scaturire il cinema: che le immagini diventino “vere” e ci facciano del male! Quale male poi nessuno lo sa per davvero. Sarà poi davvero più grave di quello che ci facciamo tra noi, sicuramente anche mediante le immagini, ma senza che questo implichi un’agentività delle immagini stesse? Gli agenti del male sono umani, sempre, mi pare. O no?”

Attraverso una continua sotto-traccia ironica e l’impiego scultoreo dei dressmen come readymade, in All Those Stuffed Shirts l’artista indaga la presuntuosità umana di conservatori e reazionari, il cui abito diviene semplice elemento di riempimento e strumento denigratorio per chi lo indossa. Realizzando un film senza film, un montaggio di incidenti e meccanismi motorizzati, Anna Franceschini libera le machinae animatae dalle gabbie dell’artificialità e dall’inquadratura, interrogandosi su soggettività, libertà e marginalità e riconsiderando la “macchina stessa come cinema”.

Eva Adduci


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Anna Franceschini, All Those Stuffed Shirts, installazione presso Triennale Milano, 2023 – Courtesy Triennale Milano, ph. Andrea Rossetti