Raccontaci del tuo project space, quando è nato, chi fa parte del team e da quali idee si è sviluppato il progetto.
Simona Da Pozzo: Vegapunk è nato nel 2013 come mio spazio di lavoro solitario ma velocemente è diventato un crocevia di persone e progetti in un processo di condivisione e scambio che ha definito nel tempo la programmazione. Vegapunk è fondamentalmente uno spazio di lavoro, studio condiviso tra artisti e i membri dell’associazione Ex-voto (Radical Public Culture) che randomicamente apre le porte per presentare la ricerca di artisti residenti e/o ospiti con una serie di appuntamenti AHA: Artists Hosting Artists. Gli AHA sono nati come una sorta di strategia per presentare a Milano il lavoro di artisti conosciuti nell’ambito di residenze artistiche all’estero (Germania, Olanda, Russia, etc.), ma attualmente portiamo avanti due progetti principali che sviluppano questa idea AHA in modo strutturato.
Qual è la vostra mission? Quali obiettivi per il futuro?
Mettere in luce la pratica artistica come processo sia intellettuale sia fisico in cui il dialogo (tra persone, formati, discipline) non è accessorio ma fondante, questo è il focus di Vegapunk. Affrontiamo empiricamente lo sviluppo dei progetti tendendo a un senso di approfondimento più che di ampliamento della loro portata; d’altronde, per parafrasare Valeska Gert, performer di inizio novecento, direi che la pratica artistica, così come “la vita, non la si può allungare, la si può solo approfondire”! Forse per questo l’immaginario piratesco domina molti scorci di questo progetto: ci porta un certo sapore esplorativo dove il navigare a vista ci permette di osservare quel che facciamo nell’atto di prodursi e andare oltre.
Quali progetti avete sviluppato finora, con quali artisti avete lavorato e che ambito della sperimentazione prediligete all’interno del vostro spazio?
Ci interessa in particolar modo l’approccio analitico che sa far emergere aspetti liminali della visione. In particolare, tendiamo a collaborare con artisti il cui discorso si estende al di là del frame artistico per includere ricerche impregnate di social e cultural studies. La relazione tra spazio e tempo, sia in senso fisico sia estetico, è uno degli aspetti che più attirano la nostra attenzione facendoci prediligere spesso progetti time-based o processuali fino ad arrivare a definire Vegapunk come uno artist-run-space&time. Tra gli artisti con cui abbiamo collaborato vorrei citare la protagonista della mostra Sonar Touch (2014) mostra video in collaborazione con la rivista Occulto e con l’etichetta Boring Machines: Daniela De Paulis. Artista visiva, attualmente ricercatrice presso la Rietveld Academy di Amsterdam con un progetto sulle trasmissioni interstellari, Daniela lavora con radio-astronomi, radio-amatori, neuroscienziati e filosofi per sviluppare alcuni dei suoi lavori dai forti connotati cognitivi e tecnologici. Attualmente stiamo portando avanti l’idea di Artists Hosting Artists attraverso due progetti continuativi. Da un lato Alessandro Laita e Chiaralice Rizzi curano dal 2018 il progetto Conversation Piece: una serie di mostre dedicate a presentare, di volta in volta, il lavoro di un artista inteso come spunto di riflessione e di dialogo. Ad oggi hanno presentato il lavoro di Matteo Cremonesi e Mirko Smerdel. Dall’altro, con Marisol Malatesta ed Alessandra Arnò, dal 2014 curo l’ appuntamento annuale Camouflage, di cui abbiamo l’open call in corso, col quale invitiamo giovani artisti italiani e inglesi a confrontarsi con il formato video attraverso un talk, una mostra online e una residenza artistica. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Ex-Voto, Spazio Tilde e VisualcontainerTv. Da quest’anno si avvale della collaborazione di Viafarini ed è realizzato con il supporto di Non Riservato e Arts University Bournemouth.
In Italia sta sorgendo una rete sempre più fitta di project space, secondo voi da quali esigenze nasce e che prospettive future avrà questo fenomeno?
Vedo questa proliferazione come il risultato del passaggio da un tipo di attitudine gerarchica a una modalità orizzontale dove la competizione fa spazio alla collaborazione, il che ha delle ripercussioni sociali e politiche notevoli: la collaborazione implica il dialogo, l’aumento di scambi e conoscenze, l’assunzione di responsabilità non solo sulla propria pratica artistica o curatoriale ma anche sul proprio ruolo culturale e intellettuale, come anche le pubblicazioni indipendenti dimostrano. I project space non li vedo come spazi di visibilità alternativi a quelli istituzionali ma come una entità altra, connotata da un grado di vitalità e mortalità essenziali per far mantenere la ricerca artistica fuori dalla comfort-zone.
Siete tra i project space milanesi che faranno parte parte di SPAZI 2018, volete raccontarci il progetto che presenterete presentato durante i giorni del festival?
La mostra che presentiamo mette insieme per la prima volta la ricerca di tre artiste che collaborano da tempo al progetto Camouflage: Alessandra Arnò, Marisol Malatesta e la sottoscritta. Il titolo della mostra Rock-Paper-Scissors-Lizard-Spok riprende una variante nerd del gioco della Morra Cinese. La variazione consiste nell’introduzione di due nuovi segni, “Lizard” e “Spock” che aumentano le combinazioni possibili nel tentativo di diminuire i pareggi. Tale scelta nasce dal presupposto che i giocatori che si conoscono da sufficiente tempo iniziano a sviluppare una prevedibilità reciproca e tendono a pareggiare frequentemente. I lavori, appositamente creati per questa occasione, sono piccoli sovvertimenti delle categorie del documento e della dimensione spazio/temporale. Il progetto riflette sulle possibili pratiche di ri-appropriazione dell’immaginario visivo provenienti dalla cultura visuale contemporanea e del linguaggio, introducendo quella variante di significato che opera a ridefinire l’immagine iniziale per restituirne un’altra.
a cura di Irene Angenica
Vegapunk – Via Lazzaro Palazzi, 9 – Milano
Caption
Marisol Malatesta, self portrait, work in progress 2018 – Courtesy Vegapunk.
Logo dello spazio Vegapunk – Courtesy Vegapunk.
Simona Da Pozzo, Performing Perspective – Iimmagine del work in progress, settembre 2018 – Courtesy Vegapunk.