Raccontaci del vostro project space, quando è nato, chi fa parte del team e da quali idee si è sviluppato il progetto.
Elisa Diaferia: SpazioFico è un’ex officina milanese riconvertita di recente come spazio polifunzionale ed espositivo non profit, gestito, da quest’anno, dal collettivo O’Dirk, da me fondato insieme a Giulia Wetter e Anna Drago, in collaborazione con l’artista Cesare Cavallini. Io, Giulia e Anna abbiamo condiviso lo stesso percorso formativo artistico e siamo studenti dell’Accademia di Brera. Il progetto è nato, oltre che da un’amicizia, da un’urgenza e dal desiderio di ciascuno di noi di realizzare i propri progetti in un contesto stimolante in cui potersi confrontare con altri giovani artisti e con il pubblico milanese, oltre che dalla voglia di mettersi in gioco in una nuova esperienza sia artistica sia curatoriale. Inizialmente abbiamo cominciato a lavorare ad alcuni progetti site specific in diverse locations milanesi, fino a trovare in SpazioFico sede stabile.
Qual è la vostra mission? Quali obiettivi per il futuro?
Elisa Diaferia: Noi consideriamo SpazioFico come un’avventura nella quale vorremmo coinvolgere sempre più giovani artisti come noi e collaborare insieme a loro per creare una realtà dinamica e aperta. Vorremmo riportare alla luce questo spazio dal grande potenziale, sviluppando un ambiente attivo e di confronto, nel quale ospitare esposizioni e attività culturali oltre che laboratoriali.
Quali progetti avete sviluppato finora, con quali artisti avete lavorato e che ambito della sperimentazione prediligete all’interno del vostro spazio?
Giulia Wetter: Prima del nuovo project space SpazioFico, che sarà ufficialmente inaugurato con SPAZI 2018, abbiamo realizzato eventi che ambivano a riportare alla luce differenti modi di esporre e fare esperienza delle opere d’arte. Finora abbiamo proposto un modello alternativo in cui ci sia unione fra le opere e l’ambiente in cui sono esposte, cercando di rompere la radicata ideologia del White Cube, di spazi espositivi asettici. Seguendo questa linea, abbiamo lavorato in particolar modo attraverso installazioni e performance, ma all’interno del nuovo project space amplieremo la sperimentazione proponendo differenti interventi accomunati però da un dialogo sempre presente con lo spazio stesso.
In Italia sta sorgendo una rete sempre più fitta di project space, secondo voi da quali esigenze nasce e che prospettive future avrà questo fenomeno?
Giulia Wetter: Il fenomeno dei project space è un fenomeno eterogeneo e sperimentale, per questo non si può del tutto definire se non per la sua principale connotazione di realtà in costante evoluzione. Ogni spazio, essendo autonomo, può reinventarsi e riscoprirsi ogni giorno.
Credo che queste realtà nascano dall’esigenza di volersi esporre, confrontare e soprattutto voler rischiare, oltre che da un’oggettiva necessità di luoghi funzionali all’esposizione di arte contemporanea. Diventa un’occasione e una via alternativa di usufruire l’arte.
I project space sono realtà molto intime, nelle quali il dialogo è attivo, sia tra spettatore e artista, sia tra spettatore e spettatore. L’atmosfera che si viene a creare all’interno di queste realtà porta a un dibattito e a uno scambio di idee e opinioni. Si crea così una rete di relazioni volta al mettere continuamente in discussione, a elaborare e riproporre, a giudicare le opere d’arte in funzione dei rapporti che producono all’interno del contesto specifico nel quale si manifestano. Perché l’arte è un’attività che consiste nel produrre rapporti con il mondo, e materializzare – in una forma o nell’altra – le sue relazioni con lo spazio e col tempo. Dove ci porteranno i project space? Difficile dirlo, ciò che è certo è che il dialogo continuo rinnova le prospettive nel tempo.
Siete tra i project space milanesi che faranno parte di SPAZI 2018, volete raccontarci il progetto che presenterete durante i giorni del festival?
Giulia Wetter: All’interno dell’edizione SPAZI 2018, abbiamo il piacere di presentare UHM, un progetto di O’Dirk volto a indagare la sfera del dubbio tra installazioni e azioni performative.
Il dubbio è uno stato soggettivo d’incertezza, è una condizione mentale, che non si può limitare all’ambito psicologico, e che per questo si riversa anche sullo stesso stato fisico e addirittura sulla sfera sociale e comportamentale. In questa particolare condizione si mette in discussione una verità o un enunciato o, addirittura, si cessa di credere a una certezza. Il dubbio rimane però uno stato intermedio, un limbo, ma d’altra parte un passaggio obbligato.
UHM è un progetto molto personale, che appartiene a ognuna di noi in modo differente, che nasce dalle esperienze di questo periodo di transizione in cui vediamo il realizzarsi di un progetto sul quale lavoriamo da anni ma anche l’incognita della sua riuscita.
a cura di Irene Angenica
SpazioFico – Via Tellini, 17 – Milano
Instagram: spaziofico
Caption
Spaziofico (panoramica interna) – Courtesy SpazioFico, ph Anna Drago
SpazioFico (panoramica esterna) – Courtesy SpazioFico, ph Giulia Wetter
Spaziofico (panoramica interna) – Courtesy SpazioFico, ph Anna Drago